Ha avuto un certo successo mediatico
la proposta-provocazione lanciata tramite facebook di creare una città del
divertimento in cui concentrare tutte le attività ricreative notturne in un
unico polo adibito solo a tale scopo.
La ragione di tale proposta sarebbe che,
a causa dei continui reclami, sempre più locali sono costretti a rinunciare
alle attività ricreative e culturali serali come i concerti o a chiudere a
causa di reclami riguardo a rumori molesti o a decibel troppo alti.
La creazione di una tale area sarebbe
dunque, per promotori, una soluzione per andare incontro alle esigenze di
tutti: da una parte, chi vorrebbe divertirsi, avrebbe un luogo in cui recarsi e
la possibilità di farlo senza il rischio di farsi rovinare la serata da un
reclamo per schiamazzi, dall’altra, gli abitanti dei centri cittadini
potrebbero finalmente dormire sonni tranquilli…
In realtà, la proposta, lungi
dall’essere una soluzione, è parte del problema dei reclami che rendono le città sempre più simili a dormitori.
Ne è inoltre una logica
conseguenza, che andavamo paventando un anno fa, in occasione della
manifestazione “In piazza per il Paso”(leggi 1-2). In quell’occasione, alcune centinaia di
persone erano scese in piazza a Bellinzona per manifestare contro lo strapotere
di un cittadino che aveva, di fatto, obbligato il proprietario dell’Osteria
Pasinetti a chiudere. Nonostante la mobilitazione, chi si lamentava
dell’eccessivo rumore, ha vinto la battaglia, visto che il municipio non si era
mosso di un millimetro sull’applicazione della legge sui decibel in vigore.
Qualche mese fa, a Berna, diverse
migliaia di giovani hanno manifestato per il loro diritto a potersi divertire
senza doversi confrontare con continue “visite” della polizia, che, spesso
chiamata da vicini poco tolleranti, interviene presso i locali in cui si fa
intrattenimento musicale o per disperdere capannelli di giovani che si
ritrovano nelle città.
Avevamo scritto che l’obiettivo di
lungo termine è quello di spostare di fatto i luoghi del divertimento dai loro
naturali contesti, le città, per concentrarli in centri commerciali del
divertimento, in cui “isolare” chiunque
voglia divertirsi. Si tratta di un evidente attacco verso i giovani che
gioverebbe in particolare a quei gruppi economici che hanno tanti soldi da
investire nell’industria del divertimento. La proposta di questo gruppo va
respinta per diversi motivi.
In primo luogo è socialmente ghettizzante,
in particolare per i giovani, che sono tra i maggiori fruitori del divertimento
notturno. Si vorrebbe spostare tutto quanto concerne il loro divertimento e i
loro stili di vita all’interno di contesti sociali speciali e isolati. I
giovani, in pratica, dovrebbero passare dalla condizione di studenti,
apprendisti o salariati in genere, in cui si chiede loro di non ribellarsi e di
adattarsi al modello dominante, a “zone recintate” in cui esprimere la loro
“devianza sociale” tipica della condizione di giovane.
Come anticipato, questa zona sarebbe
un immenso “centro commerciale” del divertimento, e questo porterebbe
un’inevitabile ulteriore standardizzazione dei modelli di produzione e consumo
culturale giovanile. Una concentrazione senza precedenti in Ticino dell’offerta
del divertimento porterebbe i grandi gruppi capitalistici a soffocare ulteriormente i mercati di nicchia
a minoritari, in cui non avrebbe più senso investire.
Come conseguenza, tutta una serie di
giovani che producono la cultura di cui fanno uso, si troverebbero esclusi da
un’offerta standardizzata e senza la possibilità di essere ospitati in locali
che offrono l’opportunità di espressione e fruizione di generi musicali
particolari , spesso legati a veri e propri stili di vita o “sotto-contro-culture”.
Per concludere, la proposta è parte
del problema, e non la soluzione, all’allontanamento dei luoghi della
socializzazione e del divertimento dai centri cittadini, che tendono sempre più
a sembrare palcoscenici vuoti per turisti che amano visitare luoghi lontani e
pittoreschi, ma senza doversi mischiare alle popolazioni locali, specialmente
se composte da giovani.
Da parte nostra, riteniamo che le
città e i loro centri debbano rimanere un luogo preposto alla socializzazione, al
divertimento, allo scambio di esperienze e alla discussione collettiva sui
nostri destini. Un nostro compagno di Madrid, descrivendo la bella esperienza
del movimento degli “indignados”(leggi), poneva l’accento proprio sul fatto che questo
sentimento di riappropriazione degli spazi da parte dei cittadini fosse stato
uno dei temi centrali e dei motori della rivolta cittadina che aveva permesso
la messa in questione dell’intero sistema politico e che ha preparato di fatto
le ondate di protesta di questi mesi in Spagna.
Ecco perché, pur con le dovute
proporzioni, riteniamo che sia importante non rinunciare alla battaglia per
difendere il diritto di vivere i centri cittadini e di socializzarvi. Dobbiamo
a tutti i costi evitare che le nostre città diventino solo dei luoghi di
passaggio, come ascensori, stazioni o aeroporti. Facciamo di ogni centro una
città del divertimento!